Come trovare soluzioni innovative in un contesto incerto, dove non si può usare la norma e il sapere consolidato e non è chiara la direzione da prendere?
E’ possibile orientare un gruppo di persone affinché esplori e trovi soluzioni creative attraverso pratiche di lavoro ampiamente auto-organizzate?
L’OPEN SPACE TECHNOLOGY è un metodo che consente di esplorare e condividere soluzioni possibili che non si possono imporre semplicemente dall’alto o dall’esterno ma che vengono fatte emergere dall’interazione diretta tra le persone.
L’Open Space Technology (OST) è una metodologia che permette, all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione, di creare gruppi di lavoro (workshop) e riunioni (meeting) partecipate ed efficaci. È stato ampiamente sperimentato e impiegato nella gestione di gruppi composti da un minimo di 5 a un massimo di 5000 persone, in conferenze della durata di una, due o anche tre giornate.
Si tratta di una metodologia innovativa poiché in tal modo le persone tendono ad impegnarsi e, anche grazie a un clima piacevole, in tempi relativamente brevi esse producono un documento riassuntivo di tutte le proposte/progetti elaborati dal gruppo, l’instant report. Documento che diviene testimonianza di un lavoro fatto e garante degli impegni presi.
Harrison Owen, pioniere dell’Open Space Technology, ha notato nel corso della sua esperienza di organizzatore di conferenze come le persone si confrontino con molto più entusiasmo durante i coffee break che non nelle fasi di lavoro. È giunto quindi a considerare l’ipotesi di strutturare un’intera conferenza in modo che i partecipanti si sentano liberi di proporre gli argomenti e di discuterli solo se interessati ad essi. Se il gruppo di lavoro è unito da passione e interesse, allora sarà in grado di auto-organizzarsi e di raggiungere il suo scopo.
Una conferenza gestita con il metodo Open Space Technology può durare da uno a tre giorni, e si basa su quattro “principi” ed una sola “legge“. I quattro principi sono:
⦁ Chiunque venga è la persona giusta; le decisioni che vengono prese durante il lavoro sono opera di coloro che sono presenti. Non serve quindi pensare a chi sarebbe potuto intervenire o chi avremmo dovuto invitare, è molto più utile concentrarsi su quelli che ci sono. La partecipazione all’Open Space Technologydeve essere sempre volontaria, infatti solo chi ha davvero a cuore il tema in discussione si impegnerà a fondo, sia nell’affrontarlo che nelle fasi di implementazione del progetto.
⦁ Qualsiasi cosa accada è l’unica che poteva accadere; in una particolare situazione, con determinate persone e discutendo di un certo tema, il risultato che si otterrà è l’unico risultato possibile. Le sinergie e gli effetti che possono nascere dall’incontro di quelle persone sono imprevedibili ed irripetibili, per questo chi conduce un Open Space Technology deve rinunciare ad avere il controllo della situazione: tentare di imporre un risultato o un programma di lavoro è controproducente. Chi facilita un convegno Open Space deve avere totale fiducia nelle capacità del gruppo.
⦁ Quando comincia è il momento giusto; l’aspetto creativo del metodo. È chiaro che dovranno esserci un inizio ed una fine, ma i processi di apprendimento creativo che avvengono all’interno del gruppo non possono seguire uno schema temporale predefinito. Decidere ad esempio di fare una pausa ad un certo orario può impedire ad un dialogo di avere termine, perdendo così informazioni o idee fondamentali alla realizzazione del progetto.
⦁ Quando è finita è finita; se certe volte serve più tempo di quello previsto, altre accade il contrario. Se ad esempio si hanno a disposizione due ore per trattare un certo argomento, ma la discussione si esaurisce più velocemente del previsto, è inutile continuare a ripetersi, molto meglio dedicare il nostro tempo ad altro.
L’unica legge che regola l’Open Space Technology è la legge dei due piedi: se ti accorgi che non stai né acquisendo conoscenze né contribuendo alle attività, alzati e spostati in un luogo in cui puoi essere più utile. Ovvero, se una persona si trova a seguire un argomento cui non è interessata, è meglio che si alzi e si sposti in altro gruppo dove può essere più utile.
L’Open Space Technology si utilizza se si verificano particolari condizioni:
⦁ Un serio e reale problema su cui lavorare cioè la definizione di linee di programma elettorale per la rinascita cittadina caratterizzato da…
⦁ Un’elevata complessità, da…
⦁ Molteplici punti di vista e da conflittualità diffusa almeno potenziale con la …
⦁ Necessità di trovare una soluzione nel confronto partecipato
Il luogo ideale dove svolgere una conferenza Open Space Technology deve essere dotato di una stanza abbastanza grande da poter ospitare tutti i partecipanti seduti in circolo ed altre stanze più piccole, facilmente raggiungibili, per i gruppi che si formeranno nelle fasi di lavoro. Lo spazio non deve essere particolarmente strutturato, è importante invece che sia confortevole. Elementi fisici, come tavoli e scrivanie, non servono in quanto occupano spazio ed intralciano i movimenti delle persone.
Nella stanza centrale deve esserci una parete dove poter sistemare i cartelloni prodotti dal gruppo, che devono essere ben visibili e facilmente accessibili. Una parte della stanza ospita la zona computer/fotocopiatrice, adibita alla redazione dell’instant report, mentre un’altra sarà la zona dedicata al coffe break.
È importante che i partecipanti siano seduti in circolo su delle sedie e che le sedie si possano spostare con facilità; il centro del circolo deve essere vuoto, così che tutti si possano guardare negli occhi e sentire alla pari degli altri. In questo modo, già dal principio si viene a creare una sensazione di controllo di uguaglianza e di partecipazione.
Il muro assume la funzione di bacheca ed il gruppo la riempie con le sue proposte. A questo punto il facilitatore deve spiegare come effettuare questa operazione: ogni persona che pensa di avere un argomento di discussione sul tema deve scriverlo su di un cartoncino, poi alzarsi e presentarlo al gruppo, tenendo ben presente che chi ha proposto l’argomento sia certo di averlo particolarmente a cuore e che non pensi che qualcun altro debba occuparsene. Quando i temi saranno esauriti ogni promotore dovrà attaccare alla bacheca il suo cartoncino, una volta terminata questa operazione tutti potranno osservare i vari argomenti emersi e decidere a quale gruppo intendono unirsi. I gruppi formati saranno autogestiti e produrranno, una volta esauriti gli argomenti di discussione, un report che unito a quelli degli altri gruppi andrà a formare l’instant report di fine lavori.
Al termine della giornata è prevista la sessione di chiusura, oppure sessione di aggiornamento dei lavori se l’Open Space Technology e suddiviso in più giornate. Non necessita di particolari formalità, ci si mette nuovamente tutti in cerchio ed il facilitatore chiede se qualcuno abbia voglia di esprimere la sua opinione sul lavoro svolto e cosa abbia intenzione di fare alla luce dei fatti emersi.
La fase conclusiva consiste nella redazione dei report. Ogni gruppo di lavoro produce un report alla fine di ogni sessione, inserendo i dati emersi durante la discussione del tema proposto in un computer e poi stampandoli. I rispettivi report vengono appesi al muro centrale, in modo che tutti possano costantemente consultarli. Poco prima della fine della giornata i singoli report vengono uniti in un unico documento e ad ognuno dei partecipanti ne viene fornita una copia personale.
In politica è lo strumento migliore per garantire partecipazione reale non eterodiretta.
Bibliografia essenziale
Garramone, V. e Aicardi, M. “Paradise l’OST? Spunti per l’uso e l’analisi dell’Open Space Technology”, FrancoAngeli, Milano 2010.
Harrison Owen, “Open Space Technology – guida all’uso” Genius Loci editore, Milano 2008
Batini F., Capecchi G., Strumenti di partecipazione, Erickson, Trento, 2005
Michael M. Pannwitzand Yaari, “Allestire un Open Space – Guida operativa”, Genius Loci editore Milano 2009