Nei giochi da ragazzi si imparava a nostre spese che non si deve fare la spia. Lo spione è quello che va a spifferare ai “grandi” qualsiasi cosa che debba restare nascosta perché ritenuta riservata, senza distinguere il contenuto più o meno innocuo. La spia riceve l’unanime riprovazione del gruppo (spesso branco).
Da grandi si capisce che questa è la base “culturale” dell’ OMERTA’ che serve a coprire di tutto, dall’evasione fiscale alla corruzione, dallo stupro al clientelismo, dalle mafie alle ruberie organizzate. Da grandi si scopre la P2 e l’esistenza delle massonerie deviate. Allora si invoca tardivamente la TRASPARENZA e si fanno ancor più tardivamente leggi – magari timide e incomplete – a tutela di chi ha avuto il coraggio civile di denunciare le condotte illecite. In Italia la prima legge è del 2012, centocinquanta anni dopo il False Claims Act statunitense e dopo cinquant’anni da quando, sempre negli USA, è comparso per la prima volta il termine chiave: WHISTLEBLOWING. Ora anche l’Europa si appresta a legiferare limitandosi ancora alla tutela del lavoratore che denuncia illeciti scoperti nel proprio ambito di attività.
Avremmo bisogno di ben altro. Avremmo bisogno di una rivoluzione culturale, di un cambiamento epocale. Chi soffia nel fischietto e alza il cartellino rosso, il whistleblower è un eroe del nostro tempo: finché questo non sarà diventato consapevole patrimonio comune, non avremo fatto grandi passi avanti.
Denunciare non è facile, ci si espone alle ritorsioni (vi ricorda qualcosa Giorgio Ambrosoli?). Anche a questo può servire una COMUNITA’ MONITORANTE: dare voce e spazio agli interventi singoli, farli propri purché siano fondati e di interesse collettivo, sostenerli in ogni sede – come si usa dire – competente.
O almeno provarci!