Sul Corriere Fiorentino di oggi, 27 agosto, Roberto Barzanti affronta in profondità il tema del “civismo”, partendo da una considerazione inequivocabile:
… le iniziative più recenti … son nate dall’irreversibile crisi dei modelli di partito di massa affermatisi nel Novecento. Si è fatto strada anche un civismo che non è errato definire politico. Un civismo che punta a ricostruire un senso di appartenenza comunitaria alimentato da valori e obiettivi non sorretti da ideologie totalizzanti, ma da visioni laiche, limitate, focalizzate su specifiche questioni.
Ne sottolineiamo la rilevanza perché la definizione si attaglia perfettamente a questa nostra Comunità monitorante di Idee in Comune che nasce nel 2018 e che cresce grazie alla coerenza con le linee politiche dei suoi “manifesti” ideali: partecipazione, trasparenza, attuazione dei principi costituzionali, rappresentazione del punto di vista dei cittadini, promozione del libero dibattito, assunzione individuale di responsabilità con l’adozione di codici etici per ogni partecipante impegnato in prima persona. Insomma tutto l’opposto dell’antipolitica e il contrario esatto della delega e della collegata demagogia.
E’ vero quello che dice Barzanti: noi siamo certi di lavorare nella direzione di un “rinnovamento etico e metodologico in grado di spingere alla riforma effettiva di una politica in frantumi”, ma non siamo dell’avviso che, per farlo, si debba necessariamente “scegliere di radicarsi nella società civile o farsi componente istituzionale stabile di un’alleanza di governo o di un fronte d’opposizione”; anzi vorremmo vedere le due cose in funzione l’una dell’altra, tra loro coerenti e necessariamente correlate.
Allo stesso modo possiamo affermare — utilizzando gli stessi termini adottati da Barzanti — che la nostra concreta esperienza ci conduce proprio ad esprimerci come alternativa costante alla (pressoché inesistente) democrazia dei partiti (proprio per “partecipare alle varie forme di valutazione e controllo interne alle istituzioni” offerte dall’ordinamento costituzionale) e, al tempo stesso, a favorire e sollecitare la rigenerazione dei partiti stessi sollecitandoli, se non addirittura obbligandoli, all’autoriforma. Siamo anzi convinti che i partiti stessi non sarebbero caduti così in basso se i cittadini fossero stati più attivi e vigili e non si fossero accontentati di rilasciare deleghe in bianco sulla base dell’esasperazione del concetto di rappresentanza (oggi abusato anche nella polemica sulla riduzione dei parlamentari).
Concordiamo poi totalmente con Barzanti quando descrive con estrema chiarezza quello che noi abbiamo sinteticamente definito “civismo servile”:
.… in Toscana abbondano fenomeni che sono la caricatura di una benefica volontà civica.… non di rado si qualificano civiche liste o sigle che sono portavoce di interessi corporativi e si comportano come piccole lobbies affaccendate in interessatissime pressioni. La proclamata ansia civica si scopre in molti casi essere un’ambigua mascherina del cinismo italico … . che .… è diventato o diventerà, sì, politico, ma nel senso più decrepito dell’attributo: una stampella strumentalizzata da quel che resta di spezzoni partitici o da ciò che ribolle in rissosi nuclei nati dalla crisi per offrire un (non gratuito) aiuto ad un ingannevole trasformismo..
Chissà se Barzanti, mentre scrive questo, pensa anche ai tragici spezzoni partitici in cui sembra ridotta l’acquiescenza del PD senese o dei rimasugli pentastellati rispetto alle nefaste politiche del Comune di Siena (statuto dell’ASP, consigli di area, piano operativo, giglio — anzi ricciarello — magico, per non citare che le più gravi). Noi ci abbiamo pensato immediatamente.
C’è civismo e civismo, conclude l’articolo. Considerare, al di là della nobilitante etichetta, la credibilità delle persone e verificare la coerenza degli intenti è essenziale per giudicare, distinguere e scegliere.…..
“.…soprattutto nelle frenetiche vigilie elettorali”, dove persistono, accanto a presenze autentiche della società civile, vecchi rimasugli partitici, speranzosi di potersi nascondere — complice la cattiva memoria — dietro qualche nobilitante etichetta.
Analisi perfetta