Per iniziativa di Massimiliano Angelini, Roberto Barzanti e Pier Luigi Piccini — già avversari nelle mitiche primarie del post PCI del secolo scorso — hanno discusso di Civismo in streaming in un caldo pomeriggio settembrino: erano sostanzialmente d’accordo e hanno confermato le tesi di fondo espresse già da Barzanti in un bell’articolo sul Corriere Fiorentino ripreso ampiamente in questo Blog. Piccini, dal canto suo, ha rivendicato giustamente la primogenitura temporale e anche il successo del 2018 (oltre il 20%). Per chi volesse leggere il testo sbobinato della registrazione completa, densa di spunti interessanti, mettiamo qui di seguito il link
https://mail.google.com/mail/u/0/tab=rm&ogbl#search/max/FMfcgxwJZJPVJF sjHVmJhklLgnwblGSM?projector=1&messagePartId=0.1.
A nostro avviso — mentre è risultato evidente che il civismo non può essere un’etichetta che si appiccica dappertutto (vedi per esempio il flop della lista “civica” dell’assessora Appolloni che appoggiava Ceccardi) ma non può che essere, pena la marginalità, integralmente autonomo e non servile e mentre è risultato altresì che il civismo non rappresenta l’antipolitica, ma un modo nuovo e diverso di occuparsi della res publica e di condizionare in modo positivo i partiti tradizionali — sembra rimasto in ombra un aspetto che, come abbiamo scritto e ripetuto nei nostri documenti fondamentali (manifesto, editoriale, statuto…), riguarda i contenuti della partecipazione, vale a dire, in ultima analisi, il MONITORAGGIO civico.
Per farci capire meglio possiamo forse sintetizzare — molto rozzamente — una sensazione da persone (molto) comuni: forse, alla fin fine, la storia della “civiltà” umana non è altro che il tentativo perenne di rispondere ad un bisogno di PROTEZIONE: coprirsi, ripararsi dalle intemperie e dal clima, dalle belve e dai nostri simili e procedere per AFFIDAMENTI successivi: la caverna, la palafitta, la capanna, il bunker ma anche l’autorità di chi può darti pace sociale e sicurezza (non è forse questo di cui abusa Salvini?); poi, se il re se ne frega e ti delude, ti puoi sempre affidare alla divinità. Che altro sono, dunque, se non sistemi di protezione e di affidamento, le armi, le serrature, le automobili, gli occhiali, ma anche le protesi, le medicine, gli impermeabili gli ombrelli, i preservativi
e, finalmente, le mascherine?
E, poi, volendo continuare, ci sembrano altri esempi di sistemi di protezione/affidamento anche le suppliche al sovrano, le raccomandazioni (e conseguente clientelismo), ma anche le elezioni, la rappresentanza democratica (con relativa delega e, in negativo, il voto di scambio). Non vorremmo offendere alcuno se rileviamo che possono interpretarsi come sistemi di protezioni le stesse preghiere, i ceri, i voti, oppure i magnifici cori solenni come “o Maria la tua Siena difendi”).
Sono cose serie, speriamo di non esagerare se facciamo una confessione netta; il problema che stiamo ponendo è preciso: si tratta di sapere se, in luogo del cieco affidamento (deleghe in bianco, etc.) non sia possibile esercitarci come cittadini al monitoraggio critico che vorrebbe poi dire salvaguardare la democrazia rappresentativa da ogni attacco e da chiunque provenga e arricchirla dei contenuti della partecipazione. Potrebbe essere un modo per cercare di ristabilire quel rapporto di fiducia paritario tra cittadini, partiti, istituzioni, complessi di “autorità” piccoli o grandi che ci renda protagonisti e non oggetto della complessa rete dei sistemi di protezione. Noi tentiamo di farlo in concreto.
Liste civiche e politica locale: vi dico come la penso.
le recenti elezioni amministrative hanno visto affermarsi gli schieramenti che erano riusciti ad includere il maggiore numero di liste civiche, il più delle volte espressione diretta o indiretta dei partiti.
Se guardiamo bene alla genesi delle liste civiche localmente vedremo , se abbiamo la pazienza di “indagare” il fenomeno che il ricorso a questo modo di presentarsi della politica è un modo per lo più fatto per nascondersi e nascondere profili, progetti, contraddizioni e problemi. Spesso le liste civiche sono l l’altro modo dei partiti di accedere al consenso elettorale: nascondendosi.
Ma perché i partiti o le coalizioni ricorrono all’uso delle liste civiche? Credo che il ragionamento sia soprattutto numerico, più liste uguale più candidati più probabilità di avere maggiore consenso. Tuttavia è mio convincimento che il ricorso alle liste civiche sia anche la dimostrazione della debolezza della forma partito oggi, della loro scarsa credibilità. I partiti oggi non sono più legati alle ideologie né sono di massa, ma sempre più dei comitati elettorali con pochissimo radicamento sul territorio. Partiti che sono diventati prevalentemente di opinione così come l’elettorato oggi è volatile, da qui le fortune e le repentine ricadute come quelle dei loro leader.
Una democrazia rappresentativa tuttavia ha bisogno di partiti di massa, guidati da regole interne democratiche, radicati sul territorio e soprattutto in grado di selezionare dei gruppi dirigenti. Selezionare vuole anche dire formare, sperimentare, mettere alla prova. Oggi tutto ciò è estremamente limitato ed i risultati in negativo sono evidenti. La stagione dell’anti-politica guidata dai populisti ha prodotto la caduta verticale della classe dirigente locale e nazionale e con essa la perdita di ruolo e di peso delle nostre comunità locali e nazionale nel confronto e nelle competizioni con i concorrenti territoriali e internazionali.
E certamente la risposta non può essere quella di sostituire la democrazia rappresentativa con quella del web e nemmeno quella di affidarsi all’uomo solo al comando che non ha mai portato bene. Serve la ricostruzione di un sistema politico efficace perché affidabile ed autorevole. Bisogna realizzare il dettato della Costituzione che con l’art. 49 dice “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Servono pertanto una nuova legge elettorale prevalentemente proporzionale, il finanziamento pubblico dei partiti, nuove regole sulla rendicontazione e la trasparenza interna, incentivare e premiare la partecipazione democratica dal basso verso l’alto anche in forme nuove.
Nei prossimi mesi ci troveremo ad affrontare importanti appuntamenti elettorali specialmente con le elezioni comunali si dovranno confrontare con un sistema più propriamente legato alle coalizioni e alle liste civiche. E tra due anni o poco più voteremo anche per il Comune di Siena dove le destre si sono ben attrezzate nella competizione precedente, per vincere con una costellazione di liste civiche.
Le liste civiche a mio avviso possono tuttavia avere uno scopo: il primo quello limitato e di transizione. Ovvero lo strumento attraverso il quale si concede una tregua ai partiti andati in crisi per rigenerarsi e tornare protagonisti. Diversamente se queste diventano fenomeno strutturale, rischiano di abbassare ulteriormente il livello di chiarezze, trasparenza ed efficacia della politica specialmente nella dimensione locale: basti guardare a ciò che succede da questo punto di vista nel nostro mezzogiorno!
In secondo luogo le liste civiche possono avere una loro funzione quando sono davvero espressione di una realtà, legate a tematiche ambientali, ai temi che sono patrimonio di impegno di molte forme di volontariato che con il loro lavoro sopperiscono alle tante carenze delle istituzioni.
Basterebbe guardare al lavoro di queste associazioni per veder quali sono i problemi urgenti da affrontare. Le liste civiche se sono solo strumenti per aumentare il consenso, nella maggioranza dei casi spariscono il giorno dopo le elezioni.
Tuttavia noi oggi abbiamo bisogno di partiti che sappiano guardare agli interessi del paese, della propria regione o comune, che siano capaci di andare oltre il legittimo essere di parte. Solo una politica che abbia come riferimento l’interesse generale, che sia capace di ispirarsi ai valori e principi della nostra costituzione può riavvicinare i cittadini alle istituzioni, ridare credibilità ai partiti che sono e rimangono uno degli strumenti più validi per permettere ai cittadini di concorrere a determinare la politica nazionale.