Ci sono probabilmente vari modi per vedere il PASSATO del complesso dell’antico Spedale del Santa Maria della Scala a partire dall’undicesimo secolo
e per intravederne il FUTURO di Acropoli della cultura senese.
Volendone tentare una sintesi estrema, si potrebbe ricordare, quanto al passato e al di là delle decennali vicende e del bilancio tra le cose fatte e quelle che restano incompiute, l’originaria proposta, risalente al 1968. di Cesare Brandi e di Ranuccio Bianchi Bandinelli: fare dello Spedale il grande
MUSEO DELLA CIVILTA’ FIGURATIVA SENESE.
Questa indicazione, ricca di suggestioni, venne recepita dal Consiglio comunale dopo un lungo dibattito monotematico dei primi anni 80 e a questa linea alcuni superstiti spiriti illuminati hanno continuato ad ispirarsi.
Questo Museo della Civiltà Figurativa senese — diciamolo chiaro — non può che basarsi su un’aggregazione tra le varie strutture museali (e immobiliari) che insistono in un’area territoriale estremamente ristretta: Opera della Metropolitana, Pinacoteca, Duomo, Palazzo del Capitano del Popolo e complesso dell’antico Spedale di Santa Maria della Scala.
Se ne parla da decenni, anzi se ne parlava, perché ormai sembra arrivata una sorta di pacata rimozione.
Sembra di assistere ad una vicenda che fa il parallelo con l’idea della Grande Siena, vale a dire dell’aggregazione territoriale della città con alcuni comuni limitrofi: non c’è alcuno — salvo le vittime del permanente fanatismo campanilista — che non ne riconosca l’utile necessità, ma sono rimasti davvero in pochi a sperare che, prima o poi, si possa fare qualcosa: l’ipotesi rimbalzò nelle discussioni dell’allora Polo Civico insieme all’Agenda 2030, poi scomparse perfino nel programma elettorale.
Ma torniamo al Santa Maria della Scala: di Grande Siena e di raccordo tra le strutture museali del cosiddetto Quadilatero del Duomo, come è stato chiamato, parla ormai solo Roberto Barzanti, nonostante sia l’unica strada possibile se si vuole pensare davvero al futuro e non farsi irretire dalle tentazioni che banalizzano sempre le grandi imprese. Non ne parla, ma è cosa scontata, il direttore della Pinacoteca, non ne parla l’Associazione degli amici della Pinacoteca che lavorano seriamente al rilancio di quella istituzione; non ne parlano nemmeno coloro che sono convinti che le nomine recenti al Santa Maria siano frutto di scelte politiche che inseriscono in ogni dove personalità espressione di Fratelli d’Italia; non ne parla il neopresidente Cristiano Leone, il quale, intervistato, ha citato la valorizzazione, la cultura performativa, il dialogo con le arti contemporanee e con la tecnologia, la sostenibilità energetica e ambientale, salvo un accenno ad imprecisati partenariati…
…non ne parla soprattutto il Sindaco Nicoletta Fabio che si è limitata ad auspicare che il nuovo presidente e il nuovo Cda riescano (sic) a dare il giusto valore a tutto ciò che è racchiuso nel Santa Maria della Scala; con questa espressione è la stessa committenza che circoscrive l’attenzione all’oggetto del complesso monumentale in sé e per sé anziché inquadrarlo in una prospettiva e in una visione. Hai voglia a dire, come ha fatto in questi giorni Christian Greco al Santa Chiara Lab, che un museo non può essere solo una vetrina e che deve fare ricerca se poi lo vedi come un pezzo a sé stante di una frammentata realtà! A ognuno il suo pezzettino, amen.
A questo punto il Sindaco, se volesse davvero rompere coi tempi bui di de Mossi come per certi versi sembrerebbe di voler fare, essendo tra l’altro evidente che non può fare tutto da sola, dovrebbe almeno nominare un assessore alla cultura consapevole di trovarsi di fronte, come è stato detto, ad un
SEGMENTO DELLA STORIA DELL’ARTE UNICO AL MONDO
da riunificare promuovendo il metodo della più ampia partecipazione delle istituzioni (compresa la Fondazione Musei senesi, snobbata e vilipesa dalla precedente amministrazione comunale e tuttora in ombra) e dei cittadini stessi, i quali, avendo creato diciassette meravigliosi musei di Contrada, hanno certamente maturato e acquisito gli strumenti indispensabili per sapere di cosa stiamo parlando e quali enormi prospettive si potrebbero aprire per il futuro del territorio. E, dunque, più che enunciare prestigiose quanto astratte ipotesi di collaborazioni per porsi in evidenza, si dovrebbe tentare di mettere in pratica la nuova definizione di museo proposta e approvata da International Council of Museums a Praga il 24 agosto 2022 che fa espresso riferimento alla
PARTECIPAZIONE delle COMUNITA’:
Buongiorno, il SMS non è un museo. Non è neppure più necessario guardare al passato, alle idee e proposte che cercavano di delineare il futuro di questa struttura. É sufficiente guardare cosa é oggi: un enorme complesso immobiliare, parzialmente ristrutturato ed in quel parzialmente c’é un ulteriore parziale spazio adibito a museo. Pensarlo solo come museo é improponibile. Neppure avendo a disposizione i fondi non esposti degli Uffizi e dei musei vaticani sarebbe possibile, per il semplice fatto che é enorme. Se non viene creata una vitalità autonoma della struttura fatta anche di altre iniziative, non ci sarà mai una sostenibilità né economica né sociale. Deve essere luogo di convegni, incontri, luogo di studi ed anche di iniziative private che, lo dico con contezza perché conosco la situazione specifica, potrebbero generare un grande indotto economico. Purtroppo destra, sinistra, Siena ed i vari presidenti e direttori che si sono alternati fino ad oggi, lo vogliono solo come parte per appendere tele e teche per esporre ostensori secolari. Così non funzionerà mai
Non nutriamo dubbi né sulle dimensioni del SMS né sul fatto che possa ospitare tante cose; ci sembra tuttavia che la Sua visione di museo non sia aggiornata e che non tenga conto che non è solo un’esposizione, ma anche attività di ricerca con laboratori giusta la recente definizione di ICOM che abbiamo riportato nell’articolo. Ci sembra inoltre miope il rifiuto di considerare utile la partecipazione della comunità.
La Redazione