Dopo l’articolo sui “troppi volti del civismo” che, nella sostanza, voleva negare alla radice il diritto di fregiarsi dell’appellativo di civico a tutto ciò che sorregge e sostiene i partiti e dunque anche a tutto ciò che serve a reggere il vecchio o a ripristinarlo in forme diverse (come si è visto con l’attuale amministrazione a conduzione leghista, di Fratelli d’Italia e di Forza Italia), qualcosa si è mosso: finalmente qualche commento, posizioni critiche, un’abbozzo di dibattito.
Come al solito parliamo delle idee e non delle persone.
Un’ex insegnante attenta alle cose senesi ha scritto:
Mi domando se il ” civismo” sia lo strumento giusto per avviare una stagione politica nuova a Siena. Certamente,nella storia che conosco ( per averla studiata) il senso del decoro della città e del benessere dei cittadini è stato un elemento di coesione, garante di una immagine cittadina, di un’ anima senese alla quale era possibile riferirsi. Poca innovazione, ma stabilità assicurata. In questo sistema l’ associazionismo aveva una importanza strategica. Credo che questa caratteristica sia durata molto a lungo, intersecandosi con il sistema partitico tradizionale. Oggi la città non ha un’ anima, non ha partiti e non ha più la ricchezza associativa di un tempo. Il civismo nasce a freddo nel deserto politico, nel silenzio culturale. Facilmente perciò si trasforma nell’ informe amministrazione attuale, alimenta giochi poco chiari e perde per strada la ricchezza di proposte interessanti e innovative che si potevano riconoscere alla base.
Non sembra che serva aggiungere molto, servirà invece riflettere e farne tesoro.
Scrive uno che se ne intende di partecipazione perché la pratica da tempo sul campo:
.… poche righe. 1) il tempo è galantuomo: alla fine le cose sono sempre chiare, la realtà delle cose s’impone sempre e dimostra che non si può tenere insieme tutto e il contrario di tutto; 2) è bene che la sacca di ipocrisia e opportunismo trasversale venga prosciugata in questa città che ne è particolarmente infettata; 3) Siena ha bisogno di un progetto di futuro nella chiarezza delle posizioni fondato sopratutto sul disinteresse di una classe dirigente all’altezza della necessità. Non è certo quel civismo niente affatto civico la sede dove può nascere questo progetto. Il civismo è altra cosa e se non ha radici solide e sperimentate nella cittadinanza attiva, nell’associazionismo e nel terzo settore è solo il luogo ove equivocamente (sempre) si riuniscono quelli che vogliono sfuggire alle regole e alla fatica della Politica: dando vita, 99 volte su 100, a paludi dannose, molto più dannose degli arrosti che spesso i partiti e le coalizioni di partiti producono. Con la differenza che i partiti puoi punirli localmente, regionalmente e nazionalmente. Quelle conventicole no. Pertanto se quello che sta succedendo serve alla chiarezza, sia il benvenuto .….
Anche su questo non servono, sembra, particolari commenti. Poi si registra un intervento che ampia il quadro di conoscenza
… in questo elenco di associazioni civiche ne manca una in questo momento attivissima: NoiSiena, il cui presidente David Chiti è stato anche il nono candidato sindaco del lungo elenco del 2018 (Siena D.O.C. Democrazia sulla città). Non prese alcun consigliere ma, dirottando al ballottaggio i suoi voti per De Mossi fu determinante per assicurare la vittoria per il rotto della cuffia. Oggi NoiSiena è destinataria, da parte del Comune, di speciali affidamenti: prima si è prodigata per l’iniziativa comunale (Ass. Appolloni) di approvvigionamento di pacchi spesa in tempo di coronavirus (attività che si sovrappone alle altre in corso da tempo ma gestite da soggetti poco graditi al Comune); in questi giorni, poi, si occupa della consegna a domicilio dei sacchi della differenziata ai residenti nel centro storico, stavolta in collaborazione con Silvia Buzzichelli, assessora all’ambiente. Viene da domandarsi che cosa succederebbe in qualsiasi altra città se il Comune affidasse simili servizi ad una associazione politica vicina all’ amministrazione!
Effettivamente ce lo domandiamo in tanti. Che sia civismo anche questo? Eppure, immemore delle antiche gesta di Achille Lauro che distribuiva generi alimentari a popolazioni napoletane stremate dalla guerra, c’è anche chi — riconoscente — ringrazia su facebook:
Grazie all’Associazione Noi che mi ha consegnato i sacchi per la raccolta differenziata!
Vorrei evidenziare la profonda differenza fra il cosiddetto “civismo” e la “cittadinanza attiva”, perché nei precedenti commenti mi sembra si faccia un po’ di confusione; così come sulla parola “associazionismo”. Le associazioni non hanno tutte lo stesso fine generale. Ci sono quelle che si occupano volontariamente del mantenimento dei beni comuni (sociali, ambientali, culturali), formando appunto la cittadinanza attiva, e quelle nate per sostenere idee e interessi locali, personali o di categoria. Due modi diversi di partecipare, l’uno che deve essere disinteressato, l’altro che non lo è per definizione e che poi finisce ovviamente per divenire impegno politico, diretto e/o con appoggio esterno preferenziale a maggioranza o opposizione. Personalmente non trovo nulla di male in questa forma di partecipazione politica, riferibile al cosiddetto “civismo”, che però di fatto finirà con l’essere “di parte” (o “partitica”). Altro è la cittadinanza attiva, che non può dichiararsi di parte, perché il volontario deve rimane attivo e collaborativo con l’Amministrazione comunale, di qualunque colore essa sia. Badate bene, questo concetto non risulta essere ben chiaro neppure alle Amministrazioni, che tendono a dare una connotazione al volontariato in base alle attività passate o alle idee dei singoli associati, chiudendo a volte ogni collaborazione, con un danno enorme per la città.
Risponde la redazione.
Si può concordare in linea di massima con Menicori con alcune precisazioni.
Il termine ASSOCIAZIONISMO viene usato di norma per indicare la TENDENZA all’ UNIONE di più persone che si propongono di perseguire uno scopo comune. E’ ovviamente termine generico e omnicomprensivo che indica cose diversissime, tanto è vero che ci sono anche le associazioni segrete, le associazioni a delinquere, e anche quelle mafiose.
Tuttavia noi lo usiamo volentieri per contrapporlo all’INDIVIDUALISMO e alla chiusura del singolo nel proprio “particulare” e per associarlo a partecipazione e a democrazia.
Anche CITTADINANZA ATTIVA ha un’enormità di contenuti: associazioni di consumatori, movimenti sociali, gruppi ambientalisti, movimenti di base, comitati locali, gruppi di autoaiuto, cooperative e imprese sociali, organizzazioni di volontariato, quelle di cooperazione internazionale, iniziative civiche su Internet, gruppi per gli orti urbani e il verde pubblico, movimenti di utenti dei servizi pubblici, centri di consulenza e supporto dei cittadini, movimenti per i diritti delle donne o dei migranti, mense per indigenti sono solo alcune delle forme che assume. Naturale che queste espressioni della società debbano lavorare qualunque sia il colore dell’amministrazione locale (ma si potrebbe aggiungere anche regionale o nazionale). Ci mancherebbe altro! Però “lavorare in presenza di…” è una cosa … “collaborare con …” è un’altra e “supportare e sostenere” è altro ancora.
Ha ragione da vendere Menicori quando rammenta che ci sono amministrazioni locali che disprezzano una parte dei cittadini attivi (come il Comune di Siena fa — ad esempio — quando nega Piazza del Campo a Libera o alla Festa del Volontariato) e che ne esaltano e magnificano altri: NoiSiena per esempio e la Croce Rossa (che posta su facebook l’iniziativa di Socci e Fusaro) ritenute “vicine” e “affini”.
E, tuttavia, il termine cittadinanza attiva può essere usato (e noi lo usiamo) anche per indicare la voglia GENERALE di ATTIVISMO CIVICO, il desiderio di fare qualcosa per la società (di norma, e salvo molte evidenti eccezioni, in modo disinteressato) .
Il CIVISMO è, invece, cosa molto PRECISA. Il civismo non è la negazione della politica, ma un modo di partecipare ad essa – anche sul piano decisionale – senza utilizzare le formazioni partitiche tradizionali. Non fidandosi di queste ultime — a Siena poi, con quello che ha fatto il SISTEMA DEI PARTITI!! — pezzi di società più o meno grandi si autoorganizzano politicamente in luogo dei partiti. Questo è il CIVISMO come noi lo intendiamo (vedasi Manifesto del 2018 ed Editoriale del 2019 in questo blog) che si pone in aperta competizione con i partiti esistenti e rifugge ogni tentazione di agire come SUPPORTO e SOSTEGNO ai partiti (come sta avvenendo sempre più).
Perciò abbiamo coniato la formula “o il civismo è NON SERVILE o civismo non è”. Semplice, lineare, trasparente.
Con un corollario, ovvio: il civismo sedicente tale che collabora col civismo servile degrada in tale posizione e, alla fine, può essere qualsiasi cosa ma NON E’ civismo.
(copio-incollo da altro mio intervento fatto altrove)
Premetto che secondo me il Paese (e questa Città) ha un solo, unico, enorme problema: i limiti estremamente modesti della sua democrazia. Tutto il resto è solo contorno, anzi tutto il resto è l’effetto (e curare le malattie solo cercando di eliminandone i sintomi, non è il massimo in fatto di intelligenza). Per cui non posso non rimarcare come in questa dotta discussione, come ormai in tutte le altre della specie che affollano il web cittadino e nazionale, non appare mai più neanche per caso il termine DEMOCRAZIA. Sempre e comunque si parla di un nuovo ordine (o la riconferma del vecchio, che fa lo stesso) da imporre ovviamente (non vedo altro modo) dall’alto. Cosa che fa supporre sempre necessaria un’organizzazione (partito o lista civica, ma non riesco a vedere la differenza) da mettere in piedi per la necessaria conquista del potere.
Appartengo al gruppo originario e originale (2005/2006) di fondatori dell’attuale M5S che allora non si chiamava così. Eravamo quella “tigre” che Grillo e Casaleggio, lungi dall’averla inventata, semplicemente ebbero la capacità e l’intelligenza — e con successo — di cavalcare. Puntavamo allora esclusivamente alla crescita culturale-morale dei cittadini affinché fossero loro stessi a determinare la scelte. Poi le cose, come si è visto, andarono diversamente tanto che anche dalla dialettica del Movimento non solo è scomparso il termine della DEMOCRAZIA DIRETTA, nostra stella polare di tutto l’ambaradan iniziatico di quell’epoca, ma, peggio ancora, è scomparso addirittura il termine DEMOCRAZIA.
Così alla fine pare che tutti si siano ri-convinti che le scelte devono continuare necessariamente a scendere dall’alto. E anche al vertice del M5S si convinsero che non esisteva alternativa alla fondazione di un partito per la conquista di tutto il necessario potere (di vertice). Deriva autoritaria dunque. Ecco come è stata soffocata l’ultima speranza per la resilienza etico-culturale della Nazione. Perché il partito e i partiti non sono la soluzione del problema, ma sono essi stessi il problema. Basterebbe a questo proposito rileggersi con maggiore attenzione la nostra bellissima Costituzione. Io l’avevo letta da ragazzo molti, anzi moltissimi anni fa. L’ho riletta recentemente e ne sono rimasto colpito. Tanto che non ho resistito alla tentazione di descrivere il mio stupore qui: https://www.ilcittadinoonline.it/lettere/aurigi-la-costituzione-populista/ ).
Non posso dimenticare che Fico, allora semi-sconosciuto attivista “grillino” di Napoli e ora presidente della Camera dei Deputati, molti anni fa in un convegno a Prato, illustrando il programma della democrazia diretta da realizzare, concluse con l’affermazione: “Al raggiungimento della democrazia diretta il M5S si scioglierà e con esso spariranno spontaneamente tutti i partiti, perché da quel momento in poi non saranno più né utili né necessari”. Insomma tutto il potere in mano al POPOLO SOVRANO (art. 1 della nostra Costituzione), formula non nuova perché fu coniata per la prima volta, insieme a POPULUS SIBI PRINCEPS, nel ‘Dugento dall’Umanesimo nato nella civiltà comunale italiana del basso Medioevo. Forse Fico allora non sapeva (e forse non lo sa ancora oggi) che la sua previsione era da una settantina d’anni già contenuta nella nostra straordinaria Carta.
Mauro Aurigi
cell.: 339.6893750
mauro@aurigi.net
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La tesi di Aurigi è nota: la democrazia è solo quella DIRETTA. E lo prevederebbe la Costituzione. A noi non risulta. Gran parte della Costituzione è dedicata alle regole della democrazia RAPPRESENTATIVA. Aurigi dice che i 5stelle hanno tradito l’impostazione originaria. Può essere. Ma si potrebbe ben obiettare che la democrazia diretta possa essere vista come linea di tendenza e non come cosa che si fa in qualche giorno. Per ora la Costituzione prevede solo la democrazia PARTECIPATA e anche questa, al momento, non è proprio dietro l’angolo. Secondo noi vale la pena di lavorare in questa direzione. Aurigi, di qualsiasi cosa si parli, preferisce ogni volta ribadire la bellezza dell’orizzonte luminoso e lontano più dell’ultima stella.
PS: Aurigi non si arrabbi se questa risposta non reca nome e cognome: volendo il blog essere collettivo e impersonale, risponde la redazione (anche se qualcuno, fisicamente, ha scritto questa risposta).
Ma a quale “bellezza dell’orizzonte luminoso e lontano più dell’ultima stella”, io mirerei quando tiro in ballo (ed è vero che lo tiro in ballo sempre) l’obiettivo irrinunciabile della realizzazione della democrazia diretta o partecipata!?
Non è una questione di estetica: i valori di cui la democrazia è portatrice nulla hanno a che vedere con l’estetica e non sono solo quelli etici e morali quali la libertà, l’indipendenza, l’uguaglianza, la giustizia, la solidarietà ecc., ma anche e soprattutto quelli materiali, come il benessere diffuso e quella ricchezza individuale e collettiva da cui discende la cultura (i poveri sono ignoranti) a sua volta genitrice di scienza e arte, ossia di civiltà.
Devo subito premettere che i livelli goduti di questi valori sono, senza alcun dubbio, direttamente proporzionali (spero non ci sia nulla da obiettare) ai livelli di democrazia adottata. E devo premettere anche che la democrazia diretta o partecipata, per quanto idealizzata, è oggi il massimo della democrazia che possiamo concepire: per cui quanto più ci si avvicina alla sua realizzazione tanto più ci si assicura il massimo livello possibile di tutti quei benefici valori di cui sopra (spero che anche su questo non ci sia da obiettare).
Basta un’occhiata anche distratta alla geopolitica planetaria per rendersene conto. L’Occidente oggi è quello che è nei confronti del Terzo e Quarto Mondo solo per i maggiori livelli di democrazia adottati a partire dal XII – XIII secolo grazie solo ed esclusivamente allo sviluppo dell’Umanesimo fiorito nelle libere città-stato nell’Italia del centro-nord (e pensare che gli orienti — arabo, indiano e cinese — fino a quell’epoca e da secoli erano più evoluti e avanzati dell’Occidente, tanto che questo veniva considerato abitato da barbari). Come si possono spiegare altrimenti le differenze tra l’Europa del nord e quella del Sud o, peggio!, quelle tra Nord e Sud-America, la seconda più ricca della prima ricca di risorse naturali? O le differenze, nell’arcipelago caraibico, tra le isole colonizzate dagli Inglesi (Giamaica, Barbados….) e quelle colonizzate dai Francesi e dagli Spagnoli (Haiti, Puerto Rico, Dominìca …), nonostante il fatto che oggi siano tutte abitate e governate dai discendenti degli stessi schiavi africani?
Certo, all’origine di tutto ci sta la differenziazione tra paesi a cultura protestante e quelli a cultura cattolica e ortodossa. Ma questa è la cartina al tornasole! Tutti i padri della Riforma erano umanisti dell’Umanesimo comunale italiano, appreso nelle università italiane o da dottori italiani insegnanti nelle università europee. Per cui, devo aggiungere, senza Umanesimo niente Rinascimento, niente Riforma protestante, niente Secolo dei Lumi e niente Occidente. Un mondo senza Occidente, pur con tutti i suoi errori e orrori, sarebbe oggi solo Africa, Asia e Sud America.
Quanto all’ideale della democrazia diretta o partecipata, ossia a quell’ “orizzonte luminoso e lontano più dell’ultima stella”, cosa per cui vengo spesso canzonato come ingenuo idealista, non sono solo. Pensate al Rousseau di “Non abbiamo bisogno di buoni politici, ma di buoni cittadini” o al Brecht di “Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”, quest’ultimo canzonato ovviamente dalla destra (vedi Marcello Veneziani che, comprensibilmente, non ci ha capito niente). Non basta per considerarmi in buona compagnia?
Ma date anche un’occhiata al brevissimo art. 67 della nostra Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”). Nella sua secchezza e perentorietà esclude in modo netto i partiti dal “gioco” politico, restituendolo in sostanza ai soli rappresentanti del popolo sovrano. Ingenui idealisti anche i Padri Costituenti?
Mauro Aurigi
Grazie a Mauro Aurigi per il contributo ricco di considerazioni particolarmente interessanti e per lo più condivisibili.
Una sola riserva: la Costituzione italiana prevede sicuramente una forma avanzata di democrazia partecipata, ma non di democrazia diretta. Si tratta di cose diverse e non identificabili.
E una precisazione: la storia non procede per passi progressivi e lineari. Infatti la nostra Costituzione, per fare un esempio, sarebbe stata impensabile senza il fascismo e la lotta di liberazione.
“la democrazia diretta o partecipata, per quanto idealizzata, è oggi il massimo della democrazia che possiamo concepire”.
Assolutamente no, Signor Mauro, non può neanche pensare di convincere le persone assennate.
Non è con suggestivi excursus storici che può farlo, perché nel tardo medioevo e nel successivo umanesimo è vero che ci sono stati degli esempi di democrazia diretta. Se per questo ci sono stati anche in molte altre epoche, dalla democrazia ateniese alla repubblica romana. Dimentica purtroppo che se la storia ci ha insegnato qualcosa è che tutte le democrazie dirette sono state invariabilmente seguite da svolte autoritarie, evidentemente inevitabili in sistemi che facilmente portano alla paralisi della catena decisionale, al disordine ed agli scontri.
La realtà è che la democrazia rappresentativa è l’unico sistema di governo che ha saputo resistere nei secoli.
Oggi, in un mondo complesso, dove la competenza è fondamentale ed ultrasettoriale, pensare ancora a pericolose impraticabili utopie è l’anticamera di disastri, come la parabola dei cinquestelle ed il caos politico ed organizzativo che ne è seguito hanno dimostrato ancora una volta.
“Historia magistra vitae”, basta saperla interpretare correttamente.