Scrive quel po’ po’ di “democratico” di Andrea Marcucci — ma non è certo solo — che, ora, archiviato finalmente il “campo largo”, il PD deve, prima di tutto, “raccogliere le sensibilità civiche” e, poi, (una volta “raccolte” — cioè raccattate — ben bene e inglobate), rinforzato da tale preventiva “raccolta”, avviare un dialogo concreto con Renzi, Calenda, Sala, Di Maio, gli ecologisti e tutte le forze del centrosinistra (in pratica Articolo Uno?.….).
Ed è questo uno dei modi, aberrante e abominevole, di concepire il ruolo delle “sensibilità civiche” ridotte a estremo puntello della partitocrazia pericolante, che taluno si ostina ancora a chiamare, contro ogni evidenza, “sale della democrazia” dimenticando che la Costituzione assegna al popolo la sovranità e ai partiti il ruolo di esercizio della democrazia che ormai da decenni hanno definitivamente eliminato dalla loro agenda.
Anche a Siena si sta tentando la stessa strada, a destra come a sinistra.
Qui il PD “apre” alla società civile (e a un candidato sua espressione) nel senso proprio del termine: apre le porte e racchiude qualche ingenuo o arrivista nella grande famiglia partitica che è poi quella che prenderà le decisioni effettive in assenza di qualsiasi forma di partecipazione reale.
Di là leghisti e meloniani stanno abbandonando questo sindaco maldestro e lasceranno ampio mandato al “grandemente competente professor imprenditor” che da mesi si sbraccia per presentarsi come disponibile a qualsivoglia incarico da chiunque provenga; lui, ovviamente, è già attrezzato a fare da solo, antitesi totale di ogni barlume di condivisione del potere.
Noi, lo sapete, andiamo parlando di partecipazione dei cittadini da molti anni; è la nostra vocazione, la nostra speranza, la nostra prospettiva. Siamo rammaricati di trovare tanta opposizione e molte incomprensioni, anche da settori che sembravano propensi ad accettare la sfida del metodo di governo partecipato e che poi mostrano di farsi irretire dalle ideologie per condannarsi al sostanziale immobilismo e alla condizione di superfluità. Poi, ogni tanto, quasi per miracolo, arriva uno spiraglio di sole, una lucina in fondo al tunnel, tunnel in questo caso costruito dalla democraticissima Regione Toscana
Ce ne parla Cittadinanzattiva, non quella locale aihmè, ma nazionale e regionale, che, riferendosi all’ambito sanitario (ma il discorso, come vedremo, vale ben al di là dello specifico settore), lamenta che la Regione ha stabilito come, nelle decisioni che riguardano presidi e dispositivi medici, sia previsto, in via esclusiva, il coinvolgimento di cosiddetti “pazienti esperti”, persone che, affette da una patologia, devono dimostrare di avere compiuto un percorso di formazione certificato.
Il serio rischio che si corre — dice Cittadinanzattiva — è che la partecipazione non si configuri come AUTONOMA iniziativa dei cittadini ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, ma come mero coinvolgimento passivo della cittadinanza attiva in istituti, pratiche e procedure messe in campo dalle istituzioni e dalla pubblica amministrazione per finalità tutte “interne”. In concreto si teme che limitare le pratiche di democrazia partecipativa a singoli individui, (o ad associazioni specializzate, aggiungiamo noi) per quanto esperti appunto di quella patologia, escludendo il coinvolgimento di soggetti organizzati e collettivi (cioè tutto il vasto mondo associativo del terzo settore) comporti la sovra-rappresentazione (o addirittura l’esclusività) delle istanze di un singolo e non di una comunità.
Per Cittadinanzattiva (e per noi) per essere di qualità, la partecipazione deve essere inclusiva, cioè aperta a tutti i soggetti che hanno un punto di vista rilevante sulla questione in oggetto; deve essere rendicontata, cioè le istituzioni debbono dar conto del contributo che da quella partecipazione hanno tratto; deve essere orientata agli effetti e non solo ai processi, a cambiamenti sostanziali e non formali delle cose, ai fatti e non agli atti. Ma soprattutto deve prevedere - e noi siamo assolutamente d’accordo tanto da avere improntato a questo fine tutta la nostra azione — una cessione di potere, perché il coinvolgimento dei cittadini, singoli od organizzati, è soltanto di facciata se non comporta che un certo grado di potere nelle decisioni sia ceduto dalle istituzioni ai cittadini.
Si tratta di un punto centrale: le promesse, le ipotesi, le norme, gli apparati, i regolamenti, le procedure messi in campo con l’obiettivo dichiarato di favorire il coinvolgimento dei cittadini non valgono nulla di fronte alla resistenza, anche in buona fede, di dover cedere una parte di potere nel governo delle politiche pubbliche. Perché quello che, attraverso norme, apparati, regolamenti e procedure si prova a fare, il più delle volte, è di neutralizzare la dimensione del conflitto che non necessariamente si compone con il dialogo, il confronto, la condivisione, ma solo con il riconoscimento del “potere dell’avversario”.
La partecipazione è tale se include nel proprio perimetro, almeno potenzialmente, la dimensione del conflitto, la disponibilità a gestirlo, la considerazione dell’alterità come valore aggiunto. Ciò che norme, apparati, regolamenti e procedure perseguono è invece rendere simili a sé, amministrativizzare, quello che è altro, un altro mondo, con un altro fine, con altri dispositivi di funzionamento, con un’altra lingua.
Per esempio, cosa è la COMPETENZA per le amministrazioni e cosa è per i cittadini? Per i cittadini, checché ne dica Emanuele Montomoli, la competenza (stiamo riportando pari pari gli argomenti di Cittadinanzattiva) non è quella raggiunta con un processo certificato (corso di studi, carriera, pratiche sul campo), ottima cosa, magari, ma altra rispetto a quello che chiedono i cittadini. Questa infatti è una competenza peculiare, “civica” e non tecnica, che può risultare rafforzata da un opportuno percorso formativo, ma che è innanzitutto una questione di concrete condizioni e di “punto di osservazione” tutto politico, vale a dire di tutela collettiva dei “beni comuni”.
In questo senso i cittadini devono essere considerati pienamente “esperti” e la loro competenza è irriducibilmente diversa da quella di ogni altro soggetto deputato alle decisioni.
Insomma il tema vero è tutto nei rapporti di forza con le istituzioni, nel grado di potere che esse sono disponibili a riconoscere, nella possibilità effettiva di emersione e di esercizio del conflitto, che poi resta il discrimine di una partecipazione che possa considerarsi realmente tale: questo e non altro, al di là dei contenuti programmatici, cerchiamo di portare all’attenzione e alla pratica rivoluzionaria del Terzo Polo civico senese, delle associazioni e liste che lo compongono e del candidato sindaco Fabio Pacciani.