Dopo la vittoria di Montaperti, che fece l’Arbia colorata in rosso, le truppe dei ghibellini erano entrate in Firenze ed avevano proclamato podestà il conte Guido Novello dei conti Guidi, il quale, il 22 novembre, riunito il Consiglio dei Trecento, aveva incaricato il giudice fiorentino Lotteringo del fu Ubertino Pegolotti di contrarre solenne pace con il Comune di Siena e di stabilire alcune cessioni di “diritti e ragioni” a suo favore.
Così quel 25 novembre 1260, in questo Castello della Valdelsa che poi si sarebbe chiamato “la piccola Firenze”, convennero i rappresentanti dei vincitori e dei vinti; in realtà l’assise di Castelfiorentino avvenne “apud”, cioè nei pressi del castello, ma le fonti storiche non indicano il luogo esatto nel quale convennero, tra gli altri,
messer Lotteringo Pegolotti, in qualità di Sindaco (vale a dire delegato) di Firenze, Iacopo Pagliaresi e Bonaguida Boccacci, giurisperiti e cittadini senesi con procura del Comune di Siena, il notaio Ser Guidiccino del fu Giovanni che rogò l’atto finale alla presenza del Conte Giordano, Vicario generale di Toscana per ordine di Re Manfredi, coadiuvato dal suo giudice messer Vinciguerra. Furono presenti all’assise a vario titolo anche: il conte Albertino da Todi, messer Bardo di Acquaviva, messer Gualtiero de’ Monti, il giudice messer Agolante e messer Iacopo d’Aldobrando entrambi da Pistoia, Silvestro di messer Castellano, messer Andrea del fu Ildebrandino, Donato Torregiano cittadino fiorentino, Tolomeo di Piero, Orlando di Iacopo, Bocca di messer Avvocato da San Gimignano, il giudice messer Lanfranco di Tedaldo di Enrico, il notaio Ranuccio di San Miniato, messer Altimanno notaio da Montefollonico, Bonaguida del fu Bonaguida, il giudice messer Bonagrazia, i due ambasciatori del Comune di Grosseto Maffeo d’Ildebrandino e Tadino, messer Azzo d’Arrighetto da Firenze, messer Pelacane Tolomei cittadino senese, messer Guido di Ranuccio Forteguerri, Ciampolo di Napoleone„ messer Taccone da Monticchiello, messer Bonaventura del fu Bonaguida notaio senese ecc…
In buona sostanza il Trattato di Pace sancì la rinuncia da parte di Firenze a favore di Siena — rinuncia dimostratasi presto precaria — sui diritti sopra le terre di Montepulciano, Montalcino, Montelateroni e Campiglia, sopra i castelli di Menzano, Casole, Poggibonsi e Staggia, sopra la Contea Aldobrandesca e sulla Maremma, nonché sulla Contea dei Pannocchieschi, dei Tornelli e a ciò che i figli di Gualcherino possedevano in Armaiolo. Inoltre, furono condonate le pene che il Comune di Firenze aveva inflitto a vari cittadini senesi precedentemente alla disfatta di Monteaperti ed anche i danni che i senesi avevano arrecato alle terre e ai castelli dello Stato fiorentino durante la guerra. Tutta la procedura si concluse con un “bacio di pace” e col giuramento solenne innanzi a Dio con le mani poste sopra il Vangelo. I patti vennero poi ratificati dal Consiglio Generale del popolo di Firenze l’11 gennaio 1261.
Su queste premesse storiche circa un trattato di pace che, sebbene ospitato nelle terre dello stato fiorentino, fu molto favorevole ai senesi, Castelfiorentino prima e poi l’onnipresente Giani
hanno impostato una rievocazione che, a detta di molti giornali locali, sarebbe particolarmente rigorosa. Le immagini parlano da sole
e mostrano una rievocazione d’impronta neppure vagamente fiorentinocentrica
Da anni il Comune di Siena invia il Gonfalone della Balzana con una rappresentanza ufficiale
qui con un sorridente vicesindaco Corsi. All’edizione del 2023 ha presenziato il vicesindaco Michele Capitani.
Invero, a parte l’assoluto predominio del Giglio rosso in campo bianco e delle divise del Calcio in costume fiorentino, per niente coeve, parlare di pace di fronte alla scomunica di tutti gli abitanti di Siena (che venne presa a pretesto dai debitori italiani e stranieri per non onorare gli impegni assunti coi mercanti senesi) e, in ogni caso, in prossimità della disfatta di Colle del 1269, sembra paradossale e mistificatorio. Semmai sarebbe il caso di parlare di pax romana nella definizione che ne dette Seneca (De providentia IV, 14) poi divenuta usuale per indicare il concetto di dominazione intesa come garanzia di universale pace e concordia.
Oppure, più semplicemente, si potrebbe chiosare il tutto con la geniale ricostruzione del Medioevo alla senese (by Augusto Codogno) secondo la quale
E, dunque, ci permetteremmo di rivolgere al Comune la calda preghiera di voler compiere opportuni approfondimenti per verificare se, in vista della prossima celebrazione del novembre 2024, sia ancora il caso di presentarci come cortesi comparse di una sceneggiata non priva di toni e di risvolti di sapore beffardo.
(si ringrazia Augusto Codogno per l’approfondimento storico)
Purtrppo questi sono i risultati di un progressivo imbarbarimeto della cultura dove la parola ricerca e documentazione sono sconosciute. Cosa dobbiamo aspettarci da chi trasferisce gli archivi (la memoria storica) in un magazzino a Prato dove fare una ricerca diviene impossibile e sprattutto costoso. Che dire di chi pensa di affidare le Biblioteche pubbliche in gestione a cooperative come se si trattasse di spolverare i libri?
Purtroppo non possiamo conoscere tutto. Per questo i civici competenti ed informati debbono poter riferire. Questo è il giusto compito proposto ormai da diverso tempo.
Concordo
Concordo con Baldeschi